(Roma 1906 - Roma 1977)
Inizia a dedicarsi al cinema e
realizza alcuni cortometraggi di natura artigianale, in cui
esercita la sua curiosità nei confronti della realtà naturale
osservata nei suoi particolari, che condurrà, negli anni della
guerra, a quella trilogia bellica di più o meno dichiarata
propaganda fascista La nave bianca (1941), Un
pilota ritorna (1942), L'uomo della
croce (1943).
In queste opere parzialmente
documentaristiche, Rossellini acquisisce il suo stile spoglio e
dimesso e sperimenta l'osservazione attenta e minuta del reale
quotidiano, proponendo un nuovo modello formale. Una volta
delimitato l'ambiente, tracciato a grandi linee il nucleo
drammatico, collocato il personaggio in un determinato ambito,
Rossellini si limita, o pare limitarsi, a registrare le reazioni
del personaggio, per coglierne l'autenticità, per seguirne le
azioni senza intervenire, quasi come se la macchina da presa fosse
uno strumento di pura registrazione del reale.
Roma città aperta (1945), offre esempi
eccellenti di quello che si definisce il nuovo stile rosselliniano,
ossia la capacità di dare una dimensione autentica della realtà,
derivante dai luoghi e dagli ambienti realistici, dalla recitazione
non spettacolare, dall'aderenza degli attori ai «tipi»
rappresentati e, soprattutto, dal fatto che la realtà sembra
nascere sullo schermo, sotto gli occhi dello spettatore. Il film
impose Rossellini all'attenzione della critica e del pubblico
soprattutto stranieri, proprio per la violenza delle sue immagini
accompagnata da un tono dimesso, inconsueto, documentaristico, che
contrastava con tutta la tradizione hollywoodiana: è a proposito di
questo film che si parlò di neorealismo.
Troppo spesso la critica giudicò
l'operato del regista alla luce di canoni interpretativi
superficialmente ricavati dai contenuti dei suoi primi film, non
comprendendo che il neorealismo, essendo un movimento innovatore
che si richiamava ai princìpi della libertà, una posizione morale,
prima che politica ed ideologica rispondente ad un bisogno di
verità e conoscenza, non poteva essere rinchiuso in una sola
realtà. In particolare non si comprese che il neorealismo era in
primo luogo un metodo d'indagine, un modo nuovo di guardare, di
vedere fatti e uomini come stimolo ad un approfondimento di
conoscenze.
Questo atteggiamento di base lo si
trova nel successivo Paisà (1946), che in sei episodi
ripercorre l'avanzata delle truppe alleate dalla Sicilia al Po,
descrivendo alcune situazioni emblematiche che mettono a fuoco i
rapporti tra i singoli personaggi e la guerra, intesa come
condizione abnorme e tragica. Un pessimismo di fondo, illuminato
solo qua e là da qualche bagliore di speranza, sottende tutta
l'opera di Rossellini e in particolare il film seguente,
Germania anno zero (1948), che porta alle estreme conseguenze quella
ricerca del tragico nel quotidiano, carattere saliente della sua
poetica.
Germania anno zero,
considerata la terza parte della «trilogia antifascista della
guerra», in contrapposizione alla precedente «trilogia della guerra
fascista», chiude un periodo di attività del regista e ne apre un
altro, ponendosi fuori dai temi bellici. Dalla fine degli Anni
Quaranta, il cinema di Rossellini si allontana dalla questioni
politiche, per accentuare l'indagine sui sentimenti e sui
comportamenti interpersonali: nascono così Francesco giullare
di Dio (1950) e la cosiddetta «trilogia della
solitudine», Stromboli terra di Dio (1949),
Europa '51 (1952) e Viaggio in
Italia (1953), quest'ultimo considerato da molti critici
un film fondamentale per la storia del cinema moderno, esempio
dell'attenzione dall'autore per gli aspetti più dolenti
dell'esistenza.
La fedeltà ai principi di un
neorealismo etico e estetico porta Rossellini sulla difficile
strada del cinema antinarrativo che troverà il miglior campo
d'applicazione nei film girati per la televisione, cui il regista
si dedica tra il 1964 e il 1974, ottenendo validi risultati, come
nel caso di La presa del potere da parte di Luigi
XIV (La prise du pouvoir par Louis XIV,
1966).
Roma città
aperta (1945)