(1884-1951)
Statunitense di origini irlandesi,
Flaherty è considerato il padre del documentario cinematografico.
Egli si accosta al cinema nel corso di una serie di spedizioni nel
Nord America, per documentare la vita delle popolazioni eschimesi.
Nel 1920, finanziato
dalla casa importatrice di pellicce Revillon Fréres, compie un
viaggio cinematografico in Alaska, nel corso del quale raccoglie il
materiale che diverrà il lungometraggio Nanuk
l'esquimese (1922), che avrà risonanza mondiale. Sulla scia del
successo di Nanuk, viene ingaggiato dalla Paramount, per
la quale realizza Moana (1926), documentario di matrice etnografica
ambientato su di un'isola polinesiana. Il film è il primo episodio
di una trilogia dei Mari del Sud, costituita anche da Ombre
bianche (1928) e Tabu (1931), girato a quattro
mani con F.W. Murnau: la differenza di
poetica tra i due autori è evidente, specie per quanto riguarda
l'elemento narrativo, per cui l'opera viene stimata più come
testimonianza del cinema di Murnau che di Flaherty.
Abbandonato il mondo hollywoodiano,
Flaherty si trasferisce in Gran Bretagna, dove realizza L'uomo
di Aran (1934), ritenuto da molti storici il suo
capolavoro: è la storia di un pescatore e della sua famiglia, che
vivono nelle remote isole irlandesi di Aran, in perenne lotta con
l'oceano e la natura aspra. È un omaggio alla terra d'origine del
regista, ritratta nella sua forza imponente, ma soprattutto è un
inno agli uomini che la abitano, alla loro tenacia, alla
solidarietà e al loro coraggio, descritti senza retorica ma con
affascinante discrezione.
Dopo l'esperienza negativa con
La danza degli elefanti (1937), Flaherty ritorna negli Stati Uniti, dove
affronta, per conto dell'U.S. Department of Agriculture, un
documentario che studia il problema della crisi dell'agricoltura in
seguito alla sua meccanizzazione: da questo materiale viene tratto
il film La terra, in cui il regista, al di là degli
intenti propagandistici, si sofferma sulla sofferenza dei
contadini, sulle fatiche e le pene con cui devono misurarsi per
sopravvivere.
L'ultima opera di Flaherty è il
compendio della propria trentennale attività cinematografica,
Louisiana Story (1948), premiato a Venezia, che indaga ancora una
volta, con occhio attento e commosso, il difficile rapporto tra
l'uomo e un ambiente ostile, quello delle paludi della Louisiana
appunto, aggravato dalla sopraggiunta industrializzazione.
Nanuk
l'esquimese (1922)