(1928 -1997)
Tra i registi più discussi e
controversi del cinema italiano, Marco Ferreri dirige i suoi primi
film in Spagna: El Pisito (1958) e El
cochecito (1960) sono affreschi impietosi della società
franchista che la sceneggiatura di Rafael Azcona tratteggia con
feroce umorismo.
Tornato in Italia, Ferreri dirige
tra gli altri Una storia moderna (1963), Marcia
nuziale (1966) e L'harem (1969), opere in cui la
critica della società borghese e l'affermazione della libertà
individuale sono temi ricorrenti, analizzati con sarcasmo ed una
marcata vena di pessimismo.
Influenzato dai radicali mutamenti
sociali dell'epoca, Ferreri sposta l'obiettivo della sua macchina da presa verso la
società dei consumi, descritta in tutta la sua sterilità: il film
di fantascienza Il seme
dell'uomo (1969) è un'accusa rivolta all'inutile accumulo di
beni, alla superficialità dei rapporti umani; La grande
abbuffata (1973) una denuncia dei vizi provocati
dall'eccessivo benessere materiale.
Il desiderio di colpire lo
spettatore con inquadrature forti, spesso
sconvolgenti, caratterizza dopo La grande abbuffata anche
i lavori successivi di Ferreri, che gira Non toccare la donna
bianca (1974), un western al limite dell'assurdo e
Storie di ordinaria follia (1981), tratto dai
racconti di Bukowski, scrittore con cui il regista ha diversi punti
in comune.
Il gusto per lo scandalo e la
polemica si affievoliscono negli ultimi anni della carriera del
regista, che con La casa del sorriso (1990) e Diario di un
vizio (1993)
abbandona il suo anticonformismo per raccontare con un pizzico di
malinconia le storie di uomini comuni e la loro solitudine.
La grande
abbuffata (1973)