(Parigi, Francia 1905 - Parigi, Francia 1934)
Figlio di un anarchico basco che
muore nelle carceri francesi nel 1917, Vigo si trasferisce in Costa Azzurra, dove
alterna gli studi in collegio ai mesi di ricovero in sanatorio.
Occupa un posto di rilievo fra coloro che si formano nell'ambito
dell'avanguardia cinematografica, respirano il clima autentico
degli Anni Venti, con le ricerche, le sperimentazioni, i dibattiti
ideologici, l'insofferenza per la tradizione, lo spirito
antiborghese, il bisogno di sovvertire ogni cosa, nonostante egli
si muova su un terreno artistico e culturale che già chiaramente
supera i limiti dell'avanguardia per affondare lo sguardo in
un'analisi critica e demistificatoria della società.
L'incontro con Boris
Kaufman (fratello minore di Dziga Vertov), gli fa scoprire
l'avanguardia sovietica e lo porta all'esordio con il
cortometraggio À propos de Nice (1928), documentario su
Nizza, realizzato secondo un principio estetico-ideologico che egli
definirà come «punto di vista documentato». Vi si sente l'influenza
del cineocchio di Vertov, per un gusto
dissacratorio, ma ancor più si sente la presenza dell'originale
personalità del regista, attento ai particolari, ai fatti e alle
situazioni che possono smascherare la convenzionalità
dell'apparenza, svelando l'ipocrisia che si cela dietro la
rispettabilità e la normalità del reale. À propos de Nice
è un atto d'accusa, ma anche un piccolo poema sulla città, colta
nei suoi aspetti più significativi in un apparente vagabondaggio
(in realtà un percorso programmato), alla ricerca dell'immagine
rivelatrice, del personaggio emblematico, di uno sguardo
consapevole che sappia cogliere, anche attraverso un'attenta scelta
della scala dei piani, dei movimenti di
macchina e del montaggio, le contraddizioni della vita
contemporanea.
In Taris ou la
natation (1931), documentario di commissione sul campione di
nuoto Jean Taris, gli elementi didascalici e di pura
documentazione si stemperano in una rappresentazione del
personaggio che esce dai canoni abituali di questo genere. Avvolto
da una fotografia estremamente elaborata, opera di
Kaufman, operatore cinematografico di tutti i film di
Vigo, Taris perde progressivamente il suo carattere di
atleta, di modello sportivo, per assumere quello, più diafano e
impalpabile, di presenza onirica; in ciò è avvertibile l'influenza
del surrealismo e di altre tendenze dell'avanguardia. Certamente il
film non consente un discorso originale, manca di quell'aspetto
corrosivo e pungente che sosteneva À propos de Nice, ma
propone il lirismo del regista, carattere complementare della sua
poetica che non può essere sottovalutato.
In Zero in condotta (Zéro
de conduite, 1933) e L'Atalante (id., 1934) Vigo affronta il
film narrativo, ampliando considerevolmente la sua prospettiva
critica e elaborando uno stile maturo, in cui la nota stonata, la
deformazione dei dati realistici, l'accentuazione forzata degli
elementi grotteschi o satirici della narrazione, costituiscono il
controcanto obbligato e attentamente modulato della
rappresentazione realistica, secondo quei modelli formali che
proprio in quegli anni il cinema francese andava costruendo.
Alla base della concezione del
mondo di Vigo c'è una visione anarchica dei rapporti sociali, una
profonda amarezza esistenziale di fronte alla crudeltà d'una
società classista e autoritaria, un bisogno di rivolta più
esistenziale che politica. La malattia, che lo stroncherà a soli 29
anni, il forzato isolamento, le ristrettezze finanziarie accentuano
l'amarezza e provocano una sorta di delirio rivoltoso che sorregge
e dà significato alla sua opera, scarsa di film, ma ricca di nuove
proposte formali e d'un intento chiaramente provocatorio. Non è
azzardato dire che il cinema di Vigo deve essere considerato, da un
lato, come il miglior risultato dell'eredità dell'avanguardia,
dall'altro come l'esempio migliore, con quello di Renoir, di un
modello cinematografico contenutistico e formale che la Francia
proponeva negli Anni Trenta.
Zero in
condotta (Zéro de conduite, 1933)