(1890-1976)
Viennese di nascita, Fritz Lang
compie studi artistici - pittura e architettura -, che lasceranno
un'impronta evidente sulla sua visione estetica, soprattutto nei
maggiori film muti. L'esordio avviene come sceneggiatore, nel 1916, in collaborazione
con Thea von Harbou, sua futura moglie, con la quale scriverà tutte
le opere del periodo tedesco.
Il primo successo firmato da Lang è
Destino (1921), storia faustiana che ha per protagonisti la
Morte e una donna che desidera riportare in vita il prorpio
fidanzato: dramma sulla condizione umana, presenta le grandiose
scenografie realizzate da Walter Röhring, Hermann Warm e Robert
Herlth e una fitta rete di riferimenti pittorici e letterari.
Con Il dottor
Mabuse (1922) Lang si misura con una storia tratta da un
romanzo d'appendice, che ne conserva i ritmi e la trama ricca di
colpi di scena, riuscendo a trasporre nella vicenda del «genio del
male» Mabuse, inafferabile capo di un'organizzazione criminale
internazionale, le angosce e i timori della Germania reduce dalla
disastrosa Prima guerra mondiale e agli esordi della Repubblica di
Weimar.
Tra il 1923 e il 1924 gira I Nibelunghi, tratto dalla saga
mitologica nordica, della durata complessiva di quattro ore e
composto da due episodi: La morte di Sigfrido e
La vendetta di Crimilde. Lang costruisce il film da un
punto di vista prevalentemente figurativo, basato su immagini e
ritmi isolati formalmente impeccabili, specie nella prima parte,
che presenta scenografie dalla rigida geometria e una recitazione
statuaria; il secondo capitolo è maggiormente articolato sul piano
narrativo e drammatico, corredato da ampie sequenze dinamiche.
Questa complementarietà tra
l'aspetto formale, teatrale e magniloquente, e quello narrativo,
dinamico, ritmico e drammatico, è considerata cifra stilistica del
regista e la ritroviamo nel successivo Metropolis (1926). Il film,
d'ambientazione fantascientifica, descrive i contrasti di
classe in seno a una società futuribile fortemente meccanicizzata e
classista: si ritrovano nell'opera la concezione architettonica
dello spazio, ben visibile nella disposizione dei personaggi e nel
movimento delle masse, e la monumentalità della visione, pervase da
uno spirito umanitario sensibile al dramma sociale e umano.
I primi film sonori di Lang, M. (1931) e Il testamento
del dottor Mabuse (1933), forniscono un ritratto drammatico della
realtà sociale tedesca dei primi anni Trenta, dominata da uno stato
di incertezza e paura riflesso nelle inquietanti trame poliziesche.
M., soprattutto, è ritenuto uno dei momenti più alti della
carriera del regista viennese: è la storia di un uomo che violenta
e uccide bambine, terrorizzando la comunità cittadina; i malavitosi
del posto, stanchi della presenza dei poliziotti, in collaborazione
con i mendicanti, lo braccano e lo catturano, decisi a
giustiziarlo, ma a salvarlo giungono le forze dell'ordine, che lo
arrestano affinché venga processato regolarmente. Dal punto di
vista espressivo l'opera si avvale sia delle tecniche sperimentate
dal cinema muto, per
esempio il montaggio evocativo o l'uso espressivo della
luce, sia delle
risorse messe disposizione dal sonoro in funzione drammatica, come l'urlo che
riecheggia della madre di Elsie o il motivo fischiettato
dall'assassino che diventa l'indizio rivelatore.
Il rifiuto di collaborare con il
regime nazista, che metterà fuorilegge i film del ciclo di
Mabuse, letti come critica dell'allucinata ideologia
hitleriana, lo porta alla fuga negli Stati Uniti, dove ricomincia
un'intensa carriera registica. Lo sguardo di Lang si volge sempre
più verso il dramma sociale, diventando uno degli osservatori più
acuti della realtà contemporanea americana, come testimoniano due
lungometraggi quali Furia (1936) e Sono
innocente! (1937), in cui la riflessione sui concetti di colpa
e innocenza è congiunta all'analisi impietosa degli aspetti di
intolleranza, sopraffazione e violenza insiti nella democrazia
statunitense.
Le opere seguenti, da La donna
del ritratto (1944) a Il grande caldo (1953) fino a La
bestia umana (1954), riprendendo gli schemi della narrativa
gialla e noir,
continuano e approfondiscono il discorso sul singolo in rapporto e,
spesso, in contrasto con la società, l'osservazione del confine
sottile tra innocenza e colpevolezza e, perciò, il valore fondante
del dubbio, elemento chiave per interpretare il mondo reale che
appare contraddittorio e di difficile decifrazione.
Metropolis (1926)