David Lynch

(Missoula, 1946)

A partire dal 1966 realizza cortometraggi sperimentali, tra cui The Alphabet (1968) e The Grandmother (1970), in cui proietta gli incubi e le suggestioni della sua esperienza di crescita. Dalla collaborazione con l'American Film Institute nasce il primo lungometraggio intitolato Eraserhead - La mente che cancella (Eraserhead, 1976), un horror psicologico in bianco e nero, che riprende la tradizione del surrealismo, cronaca minuta di una esistenza mediocre da cui può nascere l'orrore.

Eraserhead, film realizzato con pochi mezzi, contiene già quel gusto dell'orrido, del deforme, del malsano, elementi ricorrenti del suo cinema maturo. Lynch è un autore che lascia affiorare i lati oscuri grazie ad uno stile esemplare per rigore formale e suggestione figurativa.

Ed è in virtù di questo stile che in The Elephant Man (id., 1980), la commozione provata dinnanzi alla natura deforme di un uomo-elefante, reietto e intrappolato in una fiera di fenomeni da baraccone, non cade mai nel facile sentimentalismo.

Dopo Dune (id., 1984), un film di fantascienza su di un inospitale, quanto ambito pianeta, che ospita una sostanza capace di allungare la vita e modificare la percezione spazio temporale, Lynch si dedica al noir, realizzando Velluto blu (Blue Velvet, 1986), in cui la vita della provincia americana viene messa a repentaglio dalla vicenda sorprendente e orribile di un giovane che si avventura in un mondo ai confini della realtà. Lynch possiede infatti uno sguardo indagatore e distaccato, con un gusto spiccato per i conflitti personali e per una descrizione sfaccettata degli ambienti da cui emerge spesso una dimensione altra.

In Cuore selvaggio (Wild at Heart, 1990), la storia dell'amore appassionato e distruttivo di due giovani criminali si apre ad improbabili soluzioni narrative.

Al centro invece di Strade perdute (Lost Highway, 1996), è l'impotenza di fronte alla follia del mondo contemporaneo, in un'ingarbugliata vicenda narrata tra sdoppiamenti e ambiguità.

Nel 2001 Lynch gira Mulholland Drive (Mulholland Dr.), pellicola dalla narrazione fortemente surreale ed onirica, a testimonianza del legame dell'autore con l'inconscio. La prima parte del film, pur essendo decisamente più comprensibile e "narrativa" è invece un sogno, mentre la seconda, che corrisponderebbe al risveglio e dunque ad un ordine più razionale nella successione degli avvenimenti, appare decisamente più oscura.

 

Cuore selvaggio (Wild at Heart1990)

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