(Missoula, 1946)
A partire dal 1966 realizza
cortometraggi sperimentali, tra cui The Alphabet (1968) e The
Grandmother (1970), in cui proietta gli incubi e le suggestioni
della sua esperienza di crescita. Dalla collaborazione con
l'American Film Institute nasce il primo lungometraggio intitolato
Eraserhead - La mente che
cancella (Eraserhead, 1976), un horror psicologico in
bianco e nero, che riprende la tradizione del surrealismo, cronaca
minuta di una esistenza mediocre da cui può nascere l'orrore.
Eraserhead, film
realizzato con pochi mezzi, contiene già quel gusto dell'orrido,
del deforme, del malsano, elementi ricorrenti del suo cinema
maturo. Lynch è un autore che lascia affiorare i lati oscuri grazie
ad uno stile esemplare per rigore formale e suggestione
figurativa.
Ed è in virtù di questo stile che
in The Elephant Man (id., 1980), la commozione
provata dinnanzi alla natura deforme di un uomo-elefante, reietto e
intrappolato in una fiera di fenomeni da baraccone, non cade mai
nel facile sentimentalismo.
Dopo
Dune (id., 1984), un film di fantascienza su di un inospitale, quanto
ambito pianeta, che ospita una sostanza capace di allungare la vita
e modificare la percezione spazio temporale, Lynch si dedica al noir, realizzando
Velluto blu (Blue Velvet, 1986), in cui la vita
della provincia americana viene messa a repentaglio dalla vicenda
sorprendente e orribile di un giovane che si avventura in un mondo
ai confini della realtà. Lynch possiede infatti uno sguardo
indagatore e distaccato, con un gusto spiccato per i conflitti
personali e per una descrizione sfaccettata degli ambienti da cui
emerge spesso una dimensione altra.
In Cuore
selvaggio (Wild at Heart, 1990), la storia
dell'amore appassionato e distruttivo di due giovani criminali si
apre ad improbabili soluzioni narrative.
Al centro invece di Strade
perdute (Lost Highway, 1996), è l'impotenza di
fronte alla follia del mondo contemporaneo, in un'ingarbugliata
vicenda narrata tra sdoppiamenti e ambiguità.
Nel 2001 Lynch gira Mulholland
Drive (Mulholland Dr.), pellicola dalla
narrazione fortemente surreale ed onirica, a testimonianza del
legame dell'autore con l'inconscio. La prima parte del film, pur
essendo decisamente più comprensibile e "narrativa" è invece un
sogno, mentre la seconda, che corrisponderebbe al risveglio e
dunque ad un ordine più razionale nella successione degli
avvenimenti, appare decisamente più oscura.
Cuore
selvaggio (Wild at Heart, 1990)