(1889-1968)
Considerato uno dei maggiori
esponenti della settima arte, il danese Carl Theodor Dreyer
esordisce nel giornalismo, accostandosi al mondo del cinema
dapprima come sceneggiatore e autore di didascalie, quindi, tra il
1919 e il 1926, girando numerose
pellicole, tra cui si possono citare La vedova del
pastore (1920) e la commedia L'angelo del
focolare (1925): in queste prime prove comincia a delinearsi
l'interesse di Dreyer verso le tematiche esistenziali e l'impiego
di un linguaggio rigoroso, derivato dalla coeva sperimentazione
delle avanguardie.
Sarà La
passione di Giovanna d'Arco (1928) a imporre il suo
nome nel panorama della cinematografia mondiale: la storia
dell'eroina francese viene affrontata da un punto di vista
prettamente psicologico, concentrando l'attenzione sul momento del
processo, in modo da mettere in evidenza l'aspetto simbolico della
vicenda, vale a dire la sofferenza dell'essere umano in una società
oppressiva e liberticida.
Il successivo
Vampyr (1932), suo primo film sonoro, è un horror ispirato al
racconto gotico Carmilla di Le Fanu, in cui si narra di una donna
vampiro che tiene sotto il proprio giogo un'intera comunità, finché
la mano del giovane protagonista le darà la morte, liberando il
villaggio dal terrore: il nucleo centrale dell'opera è, ancora una
volta, la riflessione sull'uomo e la libertà individuale,
sull'esistenza nella sua dimensione irrazionale e onirica. A
differenza delle convenzioni di genere, il regista predilige i
luoghi aperti e la luce, accrescendo la tensione drammatica grazie
all'uso di sovrimpressioni, soggettive - celebre l'inquadratura
dall'interno della bara -, dialoghi ridotti all'osso e un
accompagnamento musicale efficace.
In questi anni inizia a lavorare al
soggetto di un film sulla vita di Gesù, Jesus, che mira a
porre in risalto la dimensione esistenziale di Cristo, visto come
emblema dell'incomprensione umana. La sceneggiatura verrà elaborata
solo negli anni Cinquanta, ma il progetto non vedrà mai la
luce.
Il capitolo successivo della
ricerca stilistica di Dreyer è Dies Irae (1943), girato durante
l'occupazione tedesca della Danimarca e letto soprattutto come
opera antinazista. La vicenda, ambientata nel Seicento, ha per
protagonista Anna, moglie di un anziano pastore, che si innamora
del figliastro e, alla morte del marito, viene accusata di
stregoneria dalla suocera: abbandonata e isolata da tutti, si
autoaccuserà e verrà condannata al rogo, vittima sacrificale della
violenza dell'autorità, così come del pregiudizio e
dell'intolleranza collettiva.
Dopo un prolungato silenzio,
interrotto soltanto dal dramma Tva mämiskor (1944), nel 1955 il regista realizza
Ordet (La parola), che vince il Leone d'oro
a Venezia: è la storia di una famiglia di contadini che assiste
alla resurrezione della moglie del primogenito, stroncata da un
parto prematuro, grazie all'intervento del verbo divino,
ordet appunto, che il figlio minore - un folle che crede
di essere il Messia - aveva invocato. Il film è una meditazione
sulla morte e sul rapporto con la divinità, inserita in un contesto
fortemente realistico, concreto, costruito su ritmi lenti in cui si
alternano piani fissi e lunghe panoramiche, nel quale l'inserimento
dell'elemento soprannaturale non ne scalfisce la credibilità.
L'ultimo tassello della filmografia
di Dreyer è il «dramma da camera» Gertrud (1964), in cui lo sguardo
del regista si concentra quasi esclusivamente sui personaggi, una
donna e i suoi tre amanti, e sul rapporto fra essi, sfidando i
canoni dell'azione cinematografica, ridotta ai minimi termini,
tanto che alla sua uscita l'opera verrà definita da parte della
critica «teatro filmato».
La
passione di Giovanna d'Arco (La passion de Jeanne
d'Arc, 1928)