(1951)
Negli Anni Ottanta, il cinema
sovietico sperimenta un tentativo di rinnovamento da parte di una
generazione di autori che riprendono temi e soggetti mai trattati
dalla cinematografia ufficiale, con richiami al cinema occidentale,
più libero dagli schemi narrativi classici e dalle esigenze dello
spettacolo commerciale.
In questo contesto "neorealista" un
posto a parte è occupato da Aleksandr Sokurov, regista a lungo
censurato e autore di documentari e di numerosi medi e
lungometraggi. Con gli altri registi emergenti degli anni di
Gorbacev, Sokurov ha in comune la ricerca di una nuova identità
politica e morale, derivante da un senso di disfacimento e di crisi
sociale, e la necessità di riscoprire la realtà quotidiana al di là
degli schemi della propaganda, attraverso la sperimentazione di uno
stile meno retorico e formalmente più autentico.
Il suo primo film, La voce
solitaria dell'uomo (1987) viene censurato ed è solo dalla metà degli
anni Ottanta che l'imponente opera di Sokurov inizierà a essere
conosciuta; tra i suoi lavori più significativi troviamo Elegia
moscovita (Moskovkaja elejia, 1987), coinvolgente poema
su Boris Eltsin, Pagine fruscianti (Tichie
stranitsui, 1993), complessa narrazione che risente
dell'influsso del suo mecenate e amico Tarkovskij. Sokurov si afferma a
livello internazionale con Madre e figlio (Mat'i
syn, 1997),
intensa riflessione sulla morte e la vita; seguono film di taglio
storico, come
Moloch (1999)
su Hitler, Taurus (2001) su Lenin e Il sole
(Solzne, 2005) sull'imperatore Hirohito. Spettacolare per
essere girato in un'unico pianosequenza di 96' è il
kolossal Arca
russa (Russkij kovceg, 2002).
Recentemente, Sokurov completa la
tetralogia sulla storia e il potere con Faust (2011), libera rilettura
dell'opera di Goethe e di Mann.