(I. Bergman, Fanny och
Alexander, Svezia/Francia/Repubblica Federale Tedesca 1982)
Interpreti: Pernilla Allwin, Bertil
Guve, Börje Ahlsted, Ewa Fröling, Erland Josephson, Allan
Edwall
Primi del Novecento in una
cittadina svedese di provincia, dove vive la famiglia Ekdahl:
quando muore il padre, direttore di teatro, i figli Fanny e
Alexander sono costretti a vivere secondo i rigidi precetti del
vescovo protestante Vergérus, con il quale la madre si è risposata.
Soltanto l'intervento della nonna e di uno strano antiquario ebreo
ricomporranno l'armonia familiare, anche grazie all'improvvisa
morte del vescovo, avvenuta nel corso di un incendio.
Una sorta di film testamento da
parte di Bergman, che esprime la sua visione dell'esistenza come
luogo in cui ogni esperienza e situazione, anche le più
imprevedibili e inverosimili, possono accadere. È un ritratto
caricaturale del puritanesimo soffocante presente in certa cultura
nordica, il cui tradizionalismo viene suggerito dalla fissità delle
inquadrature che descrivono l'ambiente.
"per me l'infanzia non è
lontana: ne sento come presenti tutti gli spettri, le paure e gli
incantesimi. In Fanny e Alexander non ho avuto alcuna difficoltà a
ricordarli: erano già con me e in me".
Ingmar Bergman

"L'unico talento che io ho è
quello di amare quel piccolo mondo racchiuso tra le spesse mura di
questo edificio e soprattutto mi piacciono le persone che abitano
qui, in questo mondo piccolo. Fuori di qui c'è il Mondo Grande e
qualche volta capita che il mondo piccolo riesca a rispecchiare il
Mondo Grande tanto da farcelo capire un po' meglio (…) Il nostro
teatro è un piccolo spazio fatto di disciplina, coscienza, ordine e
amore".
Nel discorso che Oscar fa alla sua
compagnia di teatranti emerge la concezione di Bergman sul teatro
che, parallelamente al cinema, l'ha sempre coinvolto.