(Parigi, 1930)
Frequentatore assiduo della
Cinémathèque française di Henri Langlois, si interessa di critica
cinematografica iniziando a scrivere sulle pagine di «La gazette du
Cinéma» e dei «Cahiers du cinéma».
Esordisce con Fino
all'ultimo respiro (À bout de
souffle, 1960), film manifesto della nouvelle
vague, che scandalizza per la sua novità linguistica e per
l'anarchismo formale e contenutistico e in cui si narra di un
giovane avventuriero che vive di espedienti e di traffici illeciti,
prima di finire sotto il piombo della polizia.
La nouvelle vague rappresenterà
innanzitutto una rivoluzione nel sistema di produzione, da cui
l'enorme libertà espressiva. Inoltre, il budget ridottissimo e la
necessità di trovare soluzioni di ripiego sono essenziali per la
nascita di un certo stile rivoluzionario. Godard sceglie di non
usare né il cavalletto per la macchina da presa, né le luci, quando possibile, e
opta per una sceneggiatura con dialoghi appena abbozzati.
Come cineasta privilegia il montaggio
connotativo e frammentario, rispetto a quello narrativo, in
una costante riflessione metalinguistica sulla tecnica
cinematografica rivolta a spezzare l'incantesimo dello spettacolo
puro e costringere lo spettatore a un distacco critico; come
ricorderà Pasolini, la poesia in Godard
scaturisce sempre dal tecnicismo.
Per quel che riguarda i temi, la
spersonalizzazione dell'individuo nel mondo moderno passa spesso
attraverso l'osservazione dell'universo femminile e di una maggior
o minor coscienza dell'essere donna nell'universo contemporaneo. Se
Nanà in Questa è la mia vita (Vivre sa
vie, 1962) ha un
senso anche filosofico della propria personalità, la Charlotte
di Una donna sposata (Une femme mariée,
1964) è una sorta di
"dépliant della donna" (Jean-Luc Godard), esempio di una
personalità sopita da pubblicità e rotocalchi, in un film che è
anche una catalogazione di oggetti fini a se stessi.
Il
disprezzo (Le mépris, 1963) è invece pellicola
fortemente metalingiustica in cui la dinamica dello sguardo tipico
della modernità e quella del desiderio, caratteristica della
classicità, sono incarnate entrambe nel corpo di Camille (Brigitte
Bardot).
Le opere degli anni 1966-68 sono veri e propri
film saggi; dai nuovi costumi sessuali dei giovani con Il
maschio e la femmina (Masculin féminin,1966) alla corruzione
della politica gollista di Una storia
americana (Made in USA, 1966), alla contestazione
politica della gioventù in La cinese (La
chinoise, 1967),
fino a Week-end (id., 1967), vertice della
nevrotica spettacolarità della società moderna e di un'aggressività
che si scatena nei fine settimana finendo in assurdi
ingorghi-tamponamenti.
Godard indaga anche il mezzo
televisivo con una serie di programmi quali Ici et
ailleurs (1976),
o i capitoli critici delle sue Histoire(s) du
cinéma (1994-1997): "Introduzione ad un'autentica storia del
cinema. La sola. La vera" (Jean-Luc Godard). Il montaggio unisce il
soliloquio dell'autore alle tracce e ai frammenti di immagini del
cinema d'ogni epoca (oltre a quelle di tutte le altre arti visive e
non solo).
Fino
all'ultimo respiro (À bout de
souffle, 1960)