(L. Buñuel, 1961)
Viridiana è una giovane novizia che
sta per prendere i voti nella Spagna degli anni Sessanta. Prima
della cerimonia, su invito della madre superiora, si reca a far
visita allo zio Don Jaime, ricco proprietario terriero, rimasto
vedovo il giorno delle nozze trent'anni prima. Lo zio ravvisa nella
bella nipote le fattezze della moglie e, dopo averla narcotizzata
con l'aiuto della governante Ramona, tenta di violentarla. Al
risveglio, Don Jaime racconta tutto alla nipote che, non volendolo
sposare, fugge sconvolta, ma, una volta raggiunta dalla notizia del
suicidio dello zio, decide di tornare alla fattoria dove intende
realizzare opere di carità. Nonostante l'opposizione di Jorge, il
figlio di Don Jaime, la giovane raccoglie un gruppo di donne e
uomini poveri e disperati per sfamarli e ospitarli in un edificio
della tenuta, insegnando loro a lavorare e pregare. Costoro, mentre
i proprietari sono fuori per sbrigare pratiche notarili, entrano
nella casa e, di fronte a tanto lusso, cominciano a banchettare
smodatamente inscenando un'iconoclasta Ultima cena di Leonardo, e
insudiciano la casa fino a consumare un'orgia e ad aggredire Jorge
e Viridiana al loro ritorno. La sera, bruciata la corona di spine,
uno dei tanti oggetti di devozione che aveva portato con sé dal
convento, e sciolti i capelli, la giovane bussa alla porta della
stanza dove stanno giocando a carte Jorge e Ramona, ai quali si
unisce in un'ambigua relazione.
Palma d'oro a Cannes nel 1961, è il primo film
girato in Spagna dal regista dopo l'esilio, ma non avrà vita facile
per via della censura franchista, che lo proibisce in patria, e di
quella vaticana, che lo bollerà come blasfemo. L'opera affronta il
tema della crisi religiosa che sfocia in un rifiuto della mistica e
della morale cristiana: Viridiana, vittima di un'educazione
borghese bigotta, si identifica nelle figure salvifiche di cui
abbonda la letteratura cattolica, ma deve scontrarsi con la realtà
corrotta dell'uomo e con l'ingiustizia sociale, che provocano il
fallimento e il conseguente abbandono delle proprie aspirazioni
devote. Buñuel mette in scena un melodramma
anticlericale, nel quale trasfigura in chiave satirica e deformata
alcune delle simbologie classiche del cristianesimo, valga per
tutti l'Ultima cena dei mendicanti, modulata sull'affresco di
Leonardo, con il commento sonoro del Messia di Haendel.
