(Roberto Benigni, 1997)
Guido Orefice è ebreo, vive felice
con la moglie Dora e il figlioletto Giosuè fino al momento in cui
l'intera famiglia, dopo una retata, viene deportata in un campo di
concentramento nazista. Per proteggere Giosuè dagli orrori della
prigionia e dello sterminio, Guido fa credere al bambino di
trovarsi in un gioco a punti, al termine del quale, se ha
rispettato le regole, vincerà un carro armato vero. La finzione del
gioco si trasforma in realtà quando il primo carro armato americano
entra davvero nel campo abbandonato dai tedeschi, riempiendo di
stupore il piccolo Giosuè.
Narrata come una fiaba, la storia
di Guido e della sua famiglia è una metafora della vita che trova
nei sentimenti e nelle emozioni la sua massima espressione: nel
passaggio dalla gioia (della vita coniugale e della paternità) allo
sconforto (della prigionia nel campo) e poi nuovamente alla gioia
(della liberazione) il capolavoro di Benigni mostra
che la vita, nonostante tutto, merita di essere vissuta.
Se da un punto di vista stilistico
La vita è bella appare un melodramma, a tratti poco credibile
per certi anacronismi e per l'approssimazione di alcune sequenze,
la sua carica emotiva è travolgente e circoscrive abilmente il
rischio che l'opera diventi unaperformancepersonale
dell'attore-personaggio-autore.
La maturità artistica di Benigni è
dimostrata dal talento con cui affronta un tema "indicibile" come
l'Olocausto (riceve i complimenti della comunità ebraica),
trasportando la narrazione su un piano fiabesco ed evitando così le
insidie del pietismo e della retorica.